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Forum della Comunicazione – Il web continua a spaventare

Come una nuvola che cambia rapidamente, tentare di affrontare le mutazioni del variopinto universo della comunicazione, può avere diverse sfaccettature.

Al Forum della Comunicazione di Roma manager, giornalisti e imprenditori hanno dato luogo a discorsi, prevalentemente a senso unico, in cui, chi più chi meno, ha promosso le proprie manovre aziendali inserendole in autorevoli scenari innovativi.

Parlare di interazione senza fare interazione risulta alquanto paradossale, ma questo forum ha dimostrato che è possibile: tanti piccoli monologhi, diversi anche interessanti, sui cambiamenti del modo di fare informazione e il ruolo che i nuovi media hanno nella creazione del rapporto di fiducia con gli utenti.

Un salotto cattedratico e “polveroso” concentrato più che altro sulla scoperta del valore relazionale della rete, della sua accezione di strumento atto a comunicare a molti secondo standard spazio temporali abbreviati.

Ma la reale trasformazione e la portata rivoluzionaria sta nella creazione orizzontale, autonoma e indipendente dell’informazione, col suo carattere di multidirezionalità e col suo spazio pubblico, il web, facilmente (seppur non sempre) accessibile, dove il confronto, lo scambio e il dissenso trovano la loro voce e la loro natura propositiva nelle mobilitazioni dal basso.
I cittadini diventano reporter, conquistando una ancora troppo piccola affermazione sociale e collettiva.

Etica e fiducia pertanto diventano valori centrali in questo passaggio da un potere editoriale chiuso a una forza aperta e condivisa. Una percentuale altissima delle informazioni infatti provengono da blog, social network e giornalismo partecipativo che disorienta e intimorisce coloro che finora hanno vestito di autorevolezza il loro potere di gestione delle informazioni, siano esse di natura giornalistica che di natura prettamente commerciale e di business.

Il web continua ancora a spaventare e tale timore si confonde nella visione di una Rete caotica e indisciplinata, la cui verifica dei contenuti viene disposta non come equivalenza di trasparenza, ma come forma di controllo e, in casi estremi come il nostro Paese, di tentativi di censura.

Oggi in Italia, e questo è emerso chiaramente, si ritiene che l’informazione di qualità provenga solo dai giornalisti che garantiscono notizie attendibili e controllate. E ciò avrebbe una sua plausibilità se ci fosse lo spazio anche per l’informazione divergente in un dibattito e un confronto continuo.

Gli “autorevoli controllori” delle notizie continuano a muovere le solite critiche verso il nostro Paese disegnato come passivo, arlecchino e autoassolvente, in cui nessuno si prende le proprie responsabilità, ma tali critiche continueranno ad avere una possibile presa finché non si darà voce a tutte le opinioni attraverso un lessico del confronto.

Forse la Rete stessa non ha ancora trovato un suo linguaggio credibile e fidato ed è costretta ancora a fare la voce grossa confondendosi nella lotta piuttosto che distinguendosi nel confronto.
Ma come si può farlo in un paese refrattario all’innovazione e ostile al cambiamento?

E in una sala schermatissima e priva di ogni possibilità di connessione, un’inedita Tag Cloud live ritrasmetteva in loop sempre i soliti pochi tweet della sala stampa dell’Auditorium, privilegiata dall’accesso alla rete.
Previa iscrizione alla rete wifi della provincia!

Questo è il ritratto del paese reale con il quale dobbiamo confrontarci tutti i giorni e verso il quale abbiamo il dovere di raccontarne le sue sfaccettature fino a quando avremo gli strumenti per poterlo fare.


Frontiers of Interaction – Spime Design Workshop – the future is here!

David Orban è presidente di Humanity+, fondatore e Chief Evangelist di Wide Tag e si occupa di tanti altri progetti accomunati da una forte spinta motivazionale a dare voce al nostro pianeta, ai suoi elementi e a permettere loro di interagire con gli esseri umani in vista di una pacifica convivenza e di uno sviluppo collettivo democratico e sostenibile.

Tuttavia lo sviluppo tecnologico corre a una velocità maggiore rispetto all’evoluzione e al grado di civilizzazione degli esseri umani per cui si crea un gap comunicativo forte che spesso diventa abissale di fronte alla diffidenza e allo scetticismo delle istituzioni e del pensiero comune.
Il libero e diretto accesso alle informazioni e la possibilità di condivisione di tali conoscenze può costituire il superamento di questo gap.

Interconnettere gli oggetti del mondo è la missione dell’ Internet delle cose, e il suo cuore pulsa nei modelli di rete peer to peer.

Se tutti gli oggetti fossero dotati di sensori (Spime Objects) potremmo comunicare direttamente col mondo, rivolgergli le giuste domande, ascoltarlo, comprenderlo e vivere in armonia con esso, senza la mediazione di una sovrastruttura di controllo e censura delle informazioni.
Il valore di attendibilità della conoscenza dal basso sarebbe in tal modo anche costantemente monitorato ed essa potrebbe delineare gli interventi e le modifiche appropriate e necessarie da apportare ad ogni specifica situazione.

In altre parole questa umanizzazione della tecnologia consentirebbe un approccio diretto e naturale col il mondo, un’alleanza in tutti i campi e in tutti i settori, alla luce della sicurezza e della trasparenza, dando vita a nuovi modelli produttivi.

Gli Spime Objects (SPace+tIME neologismo coniato da Bruce Sterling) sono costituiti da  GPS (per cui sanno dove si trovano), memoria (hanno percezione e consapevolezza di se stessi), sensori (attraverso i quali percepiscono il mondo e misurano le informazioni) e hanno capacità di comunicazione (condividono i dati raccolti con la nuvola di Internet).

Sotto il nostro controllo tali oggetti ci rendono portatori e garanti di queste informazioni che possiamo integrare con la vita quotidiana di tutti.

Ovunque  l’ambiente può essere percepito, controllato, analizzato, misurato e registrato: la sfida dell’Internet of Things è proprio questa: creare, moltiplicare, spiegare e connetterci tutti al grande network dei sensori intelligenti.

Connettere in rete il mondo fisico vuol dire permettere agli oggetti di connettersi l’un l’altro per  mappare ciò che conosciamo e monitorare il pianeta al fine di dare il via a un nuovo modello culturale dinamico basato sugli strumenti di condivisione della cultura. Ciò consentirebbe l’allontanamento dal disinteresse per realtà finora percepite lontane e irraggiungibili e aprirebbe la strada a una partecipazione attiva e consapevole alle dinamiche che riguardano la salute del nostro pianeta nutrendo il sentimento di responsabilità morale per le generazioni future.

Fino ad ora  il network di sensori che ci circondano hanno senz’altro facilitato la nostra vita, ma sono network isolati che si limitano alla raccolta dei dati senza però creare connessioni.

Il web 1.0 ci ha permesso l’accesso a dati isotropici, in altre parole ha reso la consocenza disponibile.

Il web 2.0 ha reso disponibile le diverse applicazioni che permettono l’interazione dei dati tramite i Social Network.

Internet delle cose e la prossima generazione di device (gli Spime Objects, appunto) possono invece rendere fattibile una ricivilizzazione globale del pianeta. Queste reti di sensori distribuiti consentono finalmente di prevaricare i dogmatismi di una cultura imposta e non direttamente percepita.

Ma entriamo nello specifico.

Wide Tag è una start up la cui mission si nutre della filosofia dell’Internet of Things.
Wide Tag lavora da anni sugli Spime Objects per consentirci di riappropriarci del nostro diritto di avere un contatto diretto col mondo, ampliando le nostre capacità di sentire e percepire attraverso un sistema per rilevare in tempo reale l’ambiente circostante e raccoglierne le informazione per renderle accessibili su internet o su dispositivi portatili.

Wide Tag ha elaborato Wide Spime una piattaforma per la raccolta dei dati e il calcolo in real time, che utilizzando il protocollo Open Spime, (rigorosamente opensource) permette ai dispositivi fisici di comunicare i propri dati.

Alcuni esempi di spime objects su cui Wide Tag sta lavorando sono:

  • CO2 meter, un apparecchio che misura la concentrazione di anidride carbonica e permette di visualizzarla su Google Maps, monitorarne i cambiamenti e ovviamente condividerli;
  • Il Social Energy Meter è un device che consente di misurare e quindi controllare l’eventuale dispersione del consumo energetico consentendo di prendere in tempo reale le necessarie misure di risparmio;
  • Wide Noise, che è diventata un app iPhone, permette di calcolare in decibel il livello di rumore nell’area circostante, mapparlo on line, condividerlo su smartphone e computer. C’è anche la possibilità di embeddare un widget sul proprio blog  per distribuire i dati e mostrarli al mondo intero su mappe interattive.

Insomma, oggi più che mai le parole di William Gibson risuonano profetiche: the past is past, the future unformed. There is only the moment, and that is where he prefers to be.

Ecco perché oggi viviamo in un Science Fiction World, perché la meraviglia suscitata dalle ipotesi di mondi paralleli e tecnologicamente evoluti raccontati dagli scrittori di fantascienza hanno inspirato ingegneri, imprenditori e scienziati ad accettare la sfida, a compiere il loro “viaggio interstellare” sfidando tabù e censure alla ricerca di idee e intuizioni oltre il rigido controllo della logica. In altre parole: ipotizzare un mondo migliore e renderlo reale!

Non so quanto tempo ci vorrà affinché tutto ciò divenga realtà comune e fruibile da tutti, ma è pur sempre un segnale di un nuovo modo di pensare ormai necessario!

Come ricorda sempre Gibson The future is already here, it is just unevenly distributed.

Lavoriamoci insieme!

Ulteriori info qui: Technoart Event 2009

Frontiers of Interaction – La controcultura visionaria nella lotta alla “Sindrome della pastasciutta”

Durante la prima giornata di Frontiers of Interaction la Fondazione COTEC, in collaborazione con l’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali del CNR, il mensile WIRED e con il sostegno di futuro@lfemminile, (il progetto di responsabilità sociale per le pari opportunità di Microsoft e Acer) ha presentato il rapporto sullo stato dell’Innovazione in Italia.

Oggetto di indagine è  stata la relazione tra donne, scienza e tecnologia in una fascia di età che va dai 30 ai 44 anni.
(foto di Leeander)

Gli stereotipi di genere e una differenziata percezione tra uomini e donne sui rischi e i benefici aderenti allo sviluppo tecnologico sono le amare considerazioni che emergono da tale ricerca.

L’innovazione ha migliorato la vita delle donne, rendendole multitasking e consentendo loro di gestire al meglio il tempo, ma lo scenario di crisi con cui anche le donne si trovano a dover fare i conti suggerisce una certa sfiducia nel futuro, per cui le stesse donne, in una situazione di congiuntura avversa, ritengono opportuno che siano esse stesse a perdere il lavoro piuttosto che gli uomini.

In conclusione risulta necessario attuare strategie politiche e di informazione relative al riconoscimento delle differenze di genere, strategie intese come azioni volte a riconoscere il ruolo che la componente femminile ricopre nella società anche come valore aggiunto allo sviluppo economico e sociale del nostro paese.

Durante la tavola rotonda sull’innovazione con Riccardo Luna (Wired), Salvo Mizzi (Working Capital), Claudio Roveda (COTEC), Giorgia Petrini (GPA) e Pietro Scott Jovane (Microsoft), quest’ultimo, analizzando questo dato, ha ricordato l’importanza di modelli organizzativi aziendali che prevedano solo la presenza intellettuale e non fisica e dove i team possano essere gestiti attraverso gli strumenti tecnologici.
Questo aiuterebbe le donne, che di fatto continuano ad essere responsabili del ménage familiare, non solo a proseguire la propria carriera professionale al pari delle condizioni di un analogo maschile, ma anche a padroneggiare i tools che offre l’era digitale.

A questa considerazione si aggiunge quella di Claudio Roveda per il quale diffondere la cultura dell’innovazione ai diversi strati sociali e nelle diverse posizioni territoriali, vuol dire avere una comprensione razionale di tutti i fenomeni tecnologici, al fine di costruire la  società della conoscenza. Favorire cioè, la capacità della gente di comprendere i fenomeni, interagire con essi, di controllarli e di prendere decisioni razionali.

Una maggiore consapevolezza del calibro dello strumento tecnologico al di là del più diffuso uso quotidiano, ma inteso come portatore di valori innovativi è ciò che determina lo stimolo alla ricerca dell’innovazione continua.

Giorgia Petrini infatti ricorda che l’innovazione arriva dal basso e deve necessariamente seguire il suo percorso al di là dei finanziamenti statali che sono pure importanti, ma che purtroppo, soprattutto nel nostro paese, sono ciechi a tali esigenze.

Ecco perché, aggiunge Salvo Mizzi di Working Capital, l’innovazione, in Italia, in questo momento può diventare una formula vincente se supportata da un network di imprese e privati.

Working Capital rappresenta un esempio di questo sistema. Non è un venture capital ma un sistema strutturato di valutazione di progetti, che siano essi di aspirazione imprenditoriale o di ricerca (relativi quindi ai nativi digitali e alle università).

E’ il caso di Netsukuku, progetto di Andrea Lo Pumo, che prevede la commutazione dei punti di rete wireless Wi-Fi in un apparato di smistamento del traffico dati della rete stessa, insomma un progetto di reti autoconfiguranti peer to peer che si basa sull’idea che internet non è il web.

In altre parole, è la realizzazione dell’idea di una rete libera!

Un’idea che sicuramente si scontrerà con una mentalità respingente e ostile.

Ma da sempre lo stimolo ad esplorare le nuove frontiere è dato dalla sfida all’incertezza e all’immobilità rassicurante.
Se l’innovazione tecnologia viaggia su una rete filosofico esistenziale permeata da una forte esigenza di controcultura visionaria, allora si potrà dare il via a quella profonda rivoluzione sociale e culturale di cui abbiamo bisogno.

Ecco di cosa parla lo straordinario speech di Roberto Bonzio (Italiani di Frontiera) “Dobbiamo tutto agli Hippie”.

Enjoy!

to be continued

Frontiers of Interaction – Intervista al Ministro Brunetta

A dare il via alla due giorni di Frontiers of Interaction è stata l’intervista di Riccardo Luna al Ministro Brunetta che ha rappresentato perfettamente lo stato dell’ innovazione in Italia.

In tempo reale su Twitter si alternavano le domande di tutti coloro che hanno voluto costruire insieme l’intervista al Ministro.
Brunetta con difficoltà, ha tentato di districarsi tra i tanti interrogativi mettendo in luce con orgoglio il lavoro avviato dal governo per digitalizzare la PA attraverso l’utilizzo della PEC,  come se fosse questa una priorità per combattere il digital divide!
E poi il discorso imbastito sulla banda larga, azzardatamente paragonata  al sentiero di Ho Chi Minh per spiegarne la composizione di un sistema di infrastrutture complesso e capillare (O__o), è risultato un groviglio di parole riempitivo degli spazi tra una domanda e l’altra, dimostrando una disinformazione strutturale sulla materia innovazione di cui egli stesso dovrebbe esserne garante.

E’ evidente che c’è un grosso problema di comunicazione che porta la nostra classe dirigente a percepire la rete come un nemico piuttosto che come un ormai necessario strumento di ausilio alla politica stessa per governare con maggior chiarezza e soprattutto con la trasparenza che dovrebbe contraddistinguere l’amministrazione di un paese democratico.

Con la promessa da parte del Ministro che entro la fine dell’anno anche l’Italia avrà il suo portale data.gov si chiude un’intervista che ha ben restituito l’immagine di arretratezza del nostro Paese.

Non ci resta che sperare che tale impegno possa essere l’inizio di un cambiamento di rotta della politica verso la cultura dell’accessibilità dell’informazione.

to be continued


Frontiers of Interaction

Tra poche ore mi immergerò nell’Acquario Romano per respirare aria di innovazione.

Due giorni di seminari e workshop con Forntiers of Interaction.

Mi aspetto sorprese, delusioni, scenari inusuali e tanti nuovi spunti di riflessione. Ma soprattutto attendo con entusiasmo lo Spime Design workshop e  il racconto dell’evoluzione del concetto di sincronicità intesa come portatrice di conoscenza.

Ma si parlerà anche di Geek advertising, Social Usability e Talkology.

La macchina dell’interazione sta scaldando il motore per sfrecciare lungo la strada del cambiamento e la tecnologia sta assumendo sempre più il volto delle relazioni umane!

Stay tuned!

Le Invasioni Mediatiche al Salone del Libro

La novità di quest’anno del Salone del Libro è lo stand Invasioni Mediatiche dove non poteva non avere luogo la presentazione dell’iPad, ma anche dei principali modelli di e-book reader, dal Kindle ai vari modelli di Cybook.
Anche i più scettici avranno finalmente la possibilità di sperimentare dal vivo la fruibilità dei contenuti digitali e la godibilità delle interfacce amichevoli dei differenti device. Si parlerà di didattica, di nuove prospettive per la scuola e per l’università, per le aziende e per le pubbliche amministrazioni.

Domenica alle 17.00 Antonio Tombolini di Simplicissimus Book Farm illustrerà nel dettaglio i segreti dell’inchiostro elettronico durante il Simplicissimus e-book Show.

Se vi incuriosisce osservare la gente alle prese con gli e-book reader potete collegarvi al canale livestreaming di Simplicissimus, PAD1 E83!

Di editoria digitale si è parlato ieri durante l’incontro Che fine farà l’e-book. Tra libri di carta e applicazioni digitali a cura di AIE (Associazione Italiana Editori) e Salone del Libro dove, tra statistiche di vendita ed elaborazioni di scenari futuribili, si è parlato di una visione non oppositiva, ma tutt’al più collaborativa e di pacifica convivenza tra la carta e i contenuti digitali. In altre parole gli e-book forniranno nuove prospettive di lettura e anzi concorreranno ad ampliare la fascia di lettori, soprattutto quella dei nativi digitali.

Ma ciò che più interessa agli editori è delineare un modello di business appropriato in relazione alla determinazioni di DRM, Social DRM, piattaforme di vendita e royalities agli autori.

Ma nel frattempo il mercato va avanti e Ibs crea un canale dedicato all’acquisto dei libri digitali in lingua italiana. 400 titoli in formato ePub e Pdf.

La distribuzione avverrà tramite  STEALTH la piattaforma di Simplicissimus Book Farm!

Per approfondire l’argomento c’è un bell’articolo di Wired.

GGD Roma: una di loro!

Non è passato neanche un mese da quando le ragazze mi hanno chiesto di entrare a far parte dello staff e ora mi ritrovo piacevolmente immersa in mille cose da fare e organizzare. Tante idee, progetti, collaborazioni, tutti accomunati da un’unica missione: scambiare e promuovere contenuti relativi a tecnologia, informatica e nuovi media coniugati al femminile!

Sto parlando delle Girl Geek Dinners Roma! Donne entusiaste che cavalcano l’onda del cambiamento e usano la tecnologia per lavoro, per la vita privata e per tutti gli usi necessari a creare e a diffondere nuove idee e per ottenere una riconoscibilità all’interno di un ambiente prevalentemente maschile. Far parte del team GGD per me è un onore e un impegno a portare avanti con determinazione questa missione.

Ecco cosa ci piace fare: condivisione delle informazioni, networking, formazione riservata a donne desiderose di scoprire le novità dell’era digitale, dare voce alle realtà romane femminili che chiedono solo di essere valorizzate. Si parla di ecosostenibilità, imprenditoria femminile, marketing, social network, comunicazione 2.0 e tutto ciò che riguarda gli scenari futuri del mondo che cambia.

Il mio battesimo ufficiale è avvenuto venerdì scorso durante Ignite Italia dove in 20 slide e 5 minuti ho presentato le GGD Roma.

Adesso c’è solo da lavorare per la prossima GGD#5 il cui tema è donne ed imprenditoria nel sociale.

Ma prima ancora, partecipate con noi alla Race for the Cure!

Stay tuned!

More info: girlgeekdinners.com

Perché difendere la Rete

lessigIeri pomeriggio c’ero anche io a Montecitorio a seguire l’incontro organizzato da Capitale Digitale in cui si parlava di Internet è Libertà: perchè dobbiamo diffondere la rete.

Finalmente un primo tentativo di argomentazione sulle potenzialità di Internet e sul futuro della comunicazione tra le mura stantie dei palazzi della politica italiana.

L’inizio dell’incontro affidato a Lawrence Lessig, colui che ha dato vita a Creative Commons, ci ha fatto sognare su un prossimo futuro di diritto all’informazione, sull’evoluzione del diritto d’autore e sull’integrazione tra politica e web.

Il convegno è stato preceduto, nei giorni scorsi, da migliaia di tweet sotto il tag #difenderelarete in risposta all’interrogativo Perché dobbiamo difendere la rete?
Questi suggerimenti sono stati consegnati (su chiavetta USB per amore dell’ecologia) al Presidente della Camera Fini e allo stesso Lessig.

E adesso godetevi la Lectio Magistralis del Prof. Lessig e le sue slide.

Avete sognato anche voi insieme a me? Ora continuiamo insieme leggendo quanto si trova sul suo blog

How I make money

“I am a law professor. I am paid to teach and write in fields that interest me. Never is my academic research directed by anyone other than I. I am not required to teach any particular course; I am never required or even asked by anyone with authority over me to write about a particular subject or question. I am in this important sense a free laborer.

I also get paid for some of my writing. I write books that are sold commercially. All of my books are also available freely in electronic form. I have been commissioned to write articles for magazines. But in all cases, while I may contract about the subject matter I will address, I never contract about the substance.

I have (though rarely) been paid to consult on matters related to my work. If I have, I conform my behavior to the NC Principle articulated below.

I am sometimes paid to speak. If I am, I will contract as to subject matter (e.g., whether the speech is about innovation, or copyright, or privacy, etc.). I do not contract as to substance. In addition to an honorarium, I also accept payment to cover travel expenses.

I am not compensated for my work with nonprofits.”


Questo è Lawrence Lessig.
Beato lui! Sono le prime riflessioni che ci vengono in mente.
Ora, mettendo da parte quel sano senso di invidia, cerchiamo di riflettere insieme sul perché non si riesca nel nostro Paese a suscitare il necessario clamore attorno alla necessità di un investimento POLITICO sulle potenzialità del web.

Paragonare il web ai mezzi tradizionali è un atteggiamento incivile e scorretto volto a impedire la diffusione dell’innovazione. Una strategia che perpetui uno status quo vecchio e conservatore  fa comodo a una classe dirigente che ha paura del progresso e della rimessa in discussione di certezze e privilegi.
Tutto questo è un attentato alla nostra dignità e soprattutto all’immenso patrimonio culturale italiano che verrà sopraffatto dalla condizione di arretratezza alla quale vogliono condannarci.
Internet sta riscrivendo le previsioni della storia, escludendo selvaggiamente (e per fortuna) i vecchi protagonisti che non sentono l’urgenza di aprirsi al nuovo che avanza.
Per tale ragione diventa più che mai urgente il libero accesso alla Rete per tutti, affinché si possa essere partecipi di un futuro che viaggia ormai a una velocità incontrollabile.
Internet non vuole tagliare col passato, Internet vuole comunicare col passato per ampliare e tutelare la società della conoscenza, per rendere tutti protagonisti attivi della vita sociale e politica.

Signori della politica smettetela di trattarci come se fossimo dei giovincelli scapestrati che sperano di cambiare il mondo con il rock and roll. Noi siamo venuti ieri a casa vostra per farvi un regalo e non vi siete neanche degnati di scartarlo.
Voi non avete la più pallida idea delle risorse e della potenza del web, pensate sia un giochino divertente che nasce con Facebook e che muore nelle foto condivise sui social network.

Non abbiate paura, la rete è qui anche per voi, provate a conoscerla, incontrarla e diffonderla.
Se la politica è amministrazione della cosa pubblica, quale strumento migliore del web può restituire la voce della cosa pubblica?
La sua legislazione è intrinseca alla natura stessa della rete e parla di diffusione, condivisione e trasparenza. Se le leggi nascono (o almeno così dovrebbe essere) dalla negoziazione e dal confronto indirizzato al bene collettivo, viene da sé che non c’è luogo più democratico del web dove dare vita a una giusta regolamentazione.

Signori della politica, facciamo così, noi non ci offendiamo per la spocchia che ci avete dimostrato, ma almeno prometteteci che vi sforzerete di conoscere la Rete. Lo diciamo per voi, per permettervi di governare meglio e di ricevere in cambio onori e glorie dalla comunità che avete il privilegio di amministrare.
Ieri abbiamo fatto un passo piccolo piccolo, ma rilevante.

Forse vi abbiamo fatto pure un po’ pena, forse anche più di quanto voi a noi.
Ma non siamo incazzati, perché la rabbia spesso obnubila la mente ed è necessario più che mai essere lucidi e prudenti.
La strada è ancora lunga e in salita, ma forse siamo riusciti a instaurare un dialogo.