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Se non ora, quando? 10 mesi fa!

Il 13 febbraio scorso alla domanda Se non ora quando? abbiamo urlato, uomini e donne all’unisono, Adessooo!!!

Quell’adesso sembrava imminente e sentivamo di essere noi i padroni di quel momento e gli esecutori di quel cambiamento necessario.
Ed eravamo tantissimi, pieni di entusiasmo con l’idea e la speranza che qualcosa stesse per cambiare davvero.

Sono nati comitati su tutto il territorio italiano, sembrava che quelle parole sarebbero diventate presto azioni concrete messe di fronte a una politica che oramai non poteva più fingere di fronte all’urgenza di una soluzione differente.

Oggi qualcosa è cambiato, ma indipendentemente dalle nostra azioni. Quello che avevamo identificato come il nemico delle donne, oltre che della politica, della giustizia e di mille altre cose, ora non c’è più. Tuttavia il ruolo delle donne, come analizzato in questo bellissimo articolo di Cristina Tagliabue, nel nostro paese rimane ancora marginale, la partecipazione femminile alla vita politica è scarsissima e i provvedimenti della recente manovra continuano a penalizzare le donne. Lo spiega molto bene in questa intervista la sociologa Chiara Saraceno.

Ma allora perché la piazza oggi era così vuota? E’ forse la fine di un movimento? O forse è passata la carica emotiva dell’indignazione contro il governo Berlusconi?
Stefania Boleso (promotrice insieme a Manuela Mimosa Ravasio dell’evento #2eurox10leggi che si terrà a Milano il 17 dicembre ) ha risposto a un mio tweet con queste parole: “il 13 febbraio tante donne sono scese in piazza per dire basta. Erano (e sono tuttora) stanche del doppio ruolo, della rappresentazione che ne davano i media e di tanto altro […] E’ scesa in piazza gente di destra e sinistra, donne che non avevano mai manifestato prima. Ma questa grande forza, questa enorme energia è andata dispersa. Perché dopo di allora non è successo nulla. Il comitato SNOQ non ha realizzato i passi concreti auspicati: azioni, anche piccole, per far vedere che alla protesta seguiva una fase costruttiva. Tutto è rimasto uguale a se stesso e quindi le aspettative di molte sono andate deluse. A che pro scendere in piazza, quando alla fine non cambia nulla? Questo il pensiero che avranno avuto in tante e che le ha convinte a restare a casa, oppure ad andare a comprare i regali di Natale…”

Ha ragione Stefania, questo movimento diviso non è stato in grado di organizzare nulla che non fosse portare in piazza un numero sempre minore di donne indignate. Dal palco sono volate ancora parole di sdegno, di rabbia, di rivendicazione, ma nessuna proposta, nessun racconto di azioni che andassero a costituire un’agenda politica.
La strategia di cambiare lo slogan in Se non le donne chi? ha inoltre privato il movimento della sua parte più vitale, ossia la collaborazione tra i generi, presupposto fondamentale per un percorso comune di innovazione politica.
Perché quando si parla di lavoro, di welfare e di manovre economiche si parla di politica. Ed è questo quello che devono fare i movimenti come questi, che nascono dal basso, dall’entusiasmo della massa ma devono poi rimboccarsi le maniche per salire le scale e bussare forte alle porte del potere. E invece siamo rimaste nella stessa piazza a ripetere le stesse cose a 10 mesi di distanza mente il mondo cambiava intorno a noi.

Alla luce di tutto questo mi chiedo:  i movimenti di piazza servono ancora a qualcosa? Quale può essere uno strumento, un format, un’idea concreata di mobilitazione di massa?

Ad oggi mi verrebbe da dire i social network e tutte le iniziative che nascono dalla rete come, ad esempio, i blogging day organizzati dal gruppo #donneXdonne, che però non riescono ad avere la stessa visibilità dei movimenti di piazza.

Uno strumento importante è la comunicazione. Ho infatti apprezzato molto l’intervento di Annamaria Testa che in 5 minuti, con poche slide e con molta ironia ha raccontato il manifesto deontologico ADCI che prende le distanze da comportamenti e valori stereotipati radicati nell’immaginario collettivo proponendo ruoli e sensibilità differenti.

Forse è proprio questo quello che manca, un manifesto collettivo capace di convogliare l’energia verso un programma.
La piazza è un punto di partenza, mentre qui sembra essere la tappa successiva di ogni azione.

Tra un po’ sarà tempo di saldi e io non voglio vedere svenduti i miei ideali in piazza.