Isola d’Elba: manuale di sopravvivenza

isola d'elbaL’Isola d’Elba è molto bella, ma in Italia abbiamo mari più limpidi, panorami più incantevoli e suggestivi che gravano meno sul portafogli (alcune zone della Puglia, la Sicilia e la Calabria per esempio) dove si mangia meglio e c’è più vita notturna.

Ma all’isola d’Elba se sei innamorato, hai voglia di belle spiagge libere, pulite e un minimo attrezzate, mare trasparente, poca confusione e voglia di stare core a core col tuo amore, è il posto che fa per te.
Ma attenzione, l’isola impervia non ti aspetta col suo bel tappetino rosso e non si lascia neanche conquistare facilmente.

I primi due giorni infatti, un po’ confusi e maldestri, li trascorriamo a tentare di addomesticarla e sembra che essa non voglia farsi conoscere.
Il nostro tentativo di percorrerne il perimetro in auto, alla scoperta delle spiagge e calette più nascoste viene scortesemente deviato dalla stessa strada che ci porta ad inerpicarci tra le curve infinite del Monte Capanne…avessimo visto almeno un muflone…
L’altra spiacevole sorpresa sono i prezzi non esattamente contenuti, del tipo pesche 3 euro e 50 al chilo o cocomero 1 euro e 20 al chilo, che ti passerebbe pure la fame, ma il condizionale è d’obbligo, perchè il cocomero lo compro lo stesso!

Ma non ci lasciamo abbattere nè dalle curve, nè dal cocomero che, vista la strada, mi si ripropone minaccioso a ogni sterzata e, curiosi e ostinati, portiamo avanti la nostra esplorazione nella natura aspra e selvaggia.

Ed eccoci felici e soddisfatti passeggiare sulla spiaggia granulosa di Cavoli (nel comune di Marina di Campo a sud) pienia di ggiovani (categoria sociale particolarmente latitante nell’isola, soprattutto quella compresa nella fascia 20-40 anni). Poco più avanti lo scenario cambia e la spiaggia di Fetovaia, ricca di famigliole felici, si ritrova avvolta dalla macchia mediterranea che regala ampi spazi d’ombra alle nonnine che osservano i nipoti fare i castelli di sabbia sulla battigia. Mano nella mano, io e il mio maritino ci spingiamo più in là fino a scovare un nuovo scenario marino, quello di Pomonte nel comune di Marciana a ovest dell’isola.
La spiaggia di Pomonte è vestita da grossa ghiaia liscia e levigata. Al contatto con le onde del mare le pietruzze cicciotte rotolano e si inseguono tra di loro come giocassero a rincorrersi. Di fronte alla riva, su un fondale di appena dodici metri vicino allo scoglio dell’Ogliera, giace una nave da carico affondata nel 1972.
Altre splendide calette si trovano nella zona nord nel comune di Marciana Marina, tra S. Andrea e Procchio, ma è una zona su cui non ci soffermiamo molto.

Infatti dopo aver visitato gran parte delle spiaggette di cui sopra,  finalmente troviamo la nostra oasi nel lido di Lacona, (a sud dell’isola nel comune di Capoliveri) spiaggia libera, pulita, confortevole, discretamente frequenata (prevalentemente italiani del nord e francesi) chioscodotata per pausa caffè shakerato per Marco e ghiacciolo al limone per me (con l’età si scoprono i sapori stigmatizzati in gioventù).

Gli ultimi 4 giorni di vacanza (per un totale di 6!) si sono così susseguiti: ore 8.30-12.30 spiaggia di Lacona, rientro nel nostro miniappartamento attufato per pranzo prevalentemente a base di pasta col tonno e/o sughi pronti, superpennichella, televisione spazzatura, lettura, cruciverba e quant’altro, ore 16.30-19.30 ancora mare, poi rientro in mini appartamento attufato, toletta e via verso una nuova avventura mangereccia in uno dei paesini dell’isola.

Il più bello in assoluto è Capoliveri, ex borgo di minatori, arroccato in collina, dalle cui terrazze si possono ammirare panorami mozzafiato al tramonto.

Che immagine romantica, io e il maritino abbracciati che guardiamo il mare caldo pronto ad accogliere un sole ormai stanco, manco fossimo in una copertina di un 33 giri di Claudio Baglioni!
A Capoliveri è bello passeggiare per le viuzze in salita, tra gradini altissimi e archi bui che aprono a prospettive impreviste, e poi fermarsi in piazzetta a bere una birra fresca, guardare la gente, fare due chiacchiere e mettere a confronto le braccia per vedere chi è più abbronzato.

Ma a Capoliveri è commovente andare al ristorante il Chiasso (gentilmente suggerito da Marco Massarotto) e ordinare il cacciucco speciale di Luciano che inebria lo spirito e i sensi e illumina il mio volto di gioia.

E poi c’è Portoferraio, troppo fashion, troppo patinata e brulicante di forestieri briatoreggianti col colletto della polo all’insù e poi barche, yacht, chill out e quell’olezzo stantio di buddha bar oramai sconfitto dal tempo.
Ma ci piace vedere anche questa umanità mentre friendfeediamo sul lungomare sorseggiando il nostro aperitivo che miracolosamente ci costa solo 5 euro.

La collettività di Porto Azzurro è più variegata e ci priva del piacere della derisione come a Portoferraio, ma almeno è colorata, rumorosa, allegra e fa compagnia, anche se di ventenni e trentenni neanche l’ombra!

Forse ce n’è qualcuno di più a Marina di Campo dove imperversano i pub e qualche localino lounge minimal, sia di arredamento che di avventori.

L’isola d’Elba è semplicemente così, in gran parte selvatica, un po’ arcigna e arroccata sulle sue sicurezze, un po’ renitente, ma generosa, coi suoi tempi e i suoi ritmi.

L’isola ti accoglie, ma non ti coccola, ti da’ ciò di cui hai bisogno, ma senza smancerie.

L’isola è ferma lì, non aspetta te, e quando arrivi è contenta, ma il suo sorrriso sarà sempre a mezza bocca.

2 pensieri su “Isola d’Elba: manuale di sopravvivenza

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